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Il Quartetto Casals compie vent’anni e si regala una tournée tutta con Beethoven

17.11.17

La Stampa

Il Quartetto Casals compie vent’anni e si regala una tournée tutta con Beethoven
PAOLO GALLARATI

Per festeggiare i suoi vent’anni, il Quartetto Casals, spagnolo, con residenza nella Escol Superior de Música de Calalunya di Barcellona, ha montato l’intero ciclo dei Quartetti di Beethoven, che porta in questi mesi in tournée a Londra, Vienna, Barcellona, Amsterdam, Berlino, Lisbona, Stoccolma, Bruxelles. L’Unione Musicale l’ha invitato per quattro concerti della stagione in corso, tutti dedicati a Beethoven e a musiche contemporanee, espressamente commissionate per l’occasione da varie istituzioni europee. Il divertente Quartetto B 267 di Giovanni Sollima , in prima esecuzione assoluta, è stato richiesto espressamente all’autore dall’Unione Musicale.  

«Un quartetto per il nuovo millennio» ha scritto la rivista inglese “Strad” , specializzata in strumenti ad arco, dopo aver assistito a un concerto del Quartetto Casals ai suoi esordi , nel 1997, alla Escuela de Musica Reina Sofia di Madrid. Vera Martinez, Abel Thomàs, Jonathan Brown e Arnau Tomàs erano allora giovanissimi, e si può presumere che la definizione “progressiva” della rivista alludesse al loro comportamento artistico animato , oggi più che mai, due qualità preziose: uno slancio non comune, talvolta infuocato, e un affiatamento che denota studio approfondito e concordia di intenti. Il quartetto d’archi è genere difficilissimo: rappresenta il culmine della musica da camera per spessore e densità di contenuti e per le esigenze di affiatamento che impone ai quattro strumentisti. Dal canto suo, il gruppo del sedici quartetti è il culmine del pensiero beethoveniano per profondità e ricchezza formale: il complesso che lo assume in blocco nel proprio repertorio marchia definitivamente la propria maturità. 

 

 

Nel primo concerto dei quattro in programma al Conservatorio di Torino, è piaciuta soprattutto l’esecuzione del Quartetto in fa maggiore op. 59 n. 1 (Razumowsky). Beethoven richiede ai quattro archi una varietà espressiva che muta continuamente di tono: lirico, drammatico, umoristico, popolare, religioso, meditativo, assorto , danzante, capriccioso, solenne, raccolto, estroverso… e così via. Continuamente si passa dalla tensione all’abbandono, dalla polifonia più stretta, dove ogni voce suona cose diverse, a momenti corali, di impresionante compattezza orchestrale. Un vero tour de force, insomma, per gli strumentisti del Quartetto Casals, che hanno mantenuto alta la tensione attraverso i quattro movimenti: facile, dunque, per noi ascoltatori, seguire il filo della straordinaria avventura interiore che Beetoven ci offre e che raggiunge, nel movimento lento, altezze stratosferiche di intensità espressiva, e nell’ultimo una trascinante potenza energetica, realizzata dal Quartetto Casals in tutta la sua ordinata irruenza.  

 

Meno avvincenti sono parse invece le esecuzioni dei due Quartetti op. 18 n. 2 e n.3, opere della prima maturità, ancora legate al Settecento di Haydn e di Mozart. Qui, se i quattro del Casals ci avessero offerto un suono più raffinato , setoso e morbido, e una maggiore nitidezza nella resa della scrittura brillante del Beethoven giovanile, l’ascolto sarebbe stato più agevole. E’ questo forse un poco il loro limite, soprattutto da parte dei due violinisti, che altri anni di lavoro, verosimilmente, potrebbero ulteriormente raffinare: perché l’arte del quartetto è cosi, una ricerca senza fine di ciò che sul piano tecnico e su quello dell’interpretazione rappresenta un ideale raggiungibile solo con una pazienza e una tenacia che non possono sopportare limiti.  

 

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